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DURA LEX SED LEX

Massimo Sottosanti Caro Fabio l’articolista oltre ad essere un codardo che non si firma vedremo come rispondera’ alle inestattezze che ha scritto

Massimo Sottosanti E ti ringrazio pero’ le accuse si formulano in base a delle prove, questo sgnorino non fa altro che insimuare senza portare prove, che non esistono

Massimo Sottosanti L’articolo è un esercizio di legale basato sul nulla astrale, il Distaso non fa altro che riportare le tesi dell’accusa nel processo sportivo, processo nel quale le Juventus non si difese, inoltre omette di dire quello che è fondamentale per capire il grande imbroglio, ossia che nel prosecco sportivo furono prese in considerazione SOLO una piccola parte delle intercettazioni e SOLO quelle che riguardavano Moggi e le Juventus. Il Distaso è poi in assoluta malafede quando fa passare le tesi dell’accusa come prove, in realtà NON ci sono prove provate, sempre il Distaso parla delle griglie omettendo che 1. all’epoca era consentito parlare con i designatori. 2. che nelle intercettazioni analizzate da Penta viene chiaramente a galla che ben altri parlavano di griglie con i designatori. Quindi la malafede di qiesto signorino è lampante

Allora, innanzitutto salve a tutti, apro questo mio nuovo articolo con dei commenti che sono stati fatti in condivisione pubblica, ma senza che potessi io rispondere, al mio articolo precedente. Carissimo Massimo Sottosanti, innanzitutto non credo assolutamente di aver scritto inesattezze di cui dovrei rispondere,  mi sono semplicemente limitato a riportare ciò che è scritto nella Relazione del 2006 alla Procura Federale del Dott. Saverio Borrelli e ciò che è scritto nelle sentenze della CAF e della Corte Federale. Oltretutto, ho usato come fonte principale da cui attingere per scrivere il mio precedente articolo il manuale di diritto sportivo:  BAGATTINI F. – D’AVIRRO A. – DUCCI M. – GIGLIOLI M. – MASTROMATTEO A. MESSERI M. – TADDEUCCI SASSOLINI M. (2008) Commento al nuovo codice di giustizia sportiva. Aspetti giuridici e casi pratici. Giuffrè Editore non credo che qui ci siano scritte inesattezze. Gli autori di questo manuale sono tutti professori di diritto sportivo, gente laureata in giurisprudenza che ne sa molto più di me e  di te e da questo manuale ho anche attinto molto quando ho scritto la mia tesi in diritto sportivo con cui mi sono laureato. A prescindere da questi dettagli, vorrei farti notare che non sono io che devo portare prove, le prove in quei processi sono state portate da altre persone, non certo da me. Che poi esse si basino, a tuo parere, sul “nulla astrale”, è assolutamente irrilevante esattamente come è assolutamente irrilevante ciò che possa pensare io, ciò che è rilevante e ciò che conta è quello che hanno deciso i giudici e che io mi sono limitato a riportare. A questo va comunque aggiunto che il fatto che poi siano state portate nuove prove nel processo penale che, dal punto di vista processuale, non hanno comunque sortito alcun effetto, era anch’esso nell’ambito dell’articolo precedente assolutamente irrilevante. Il mio articolo precedente non voleva essere altro che una premessa all’introduzione nelle future nostre disquisizioni con chi vorrà intervenire all’interno del mio blog e tu, caro Massimo Sottosanti sei invitatissimo, agli articoli che comunque scriverò sull’associazione per delinquere che nel Codice penale trova la sua norma incriminatrice nell’art. 416 e che trova nel C.G.S., all’art. 9, rubricato “Associazione finalizzata alla commissione di illeciti”, il suo omologo. Mi vorrei invece soffermare un attimo sulla tua affermazione:” all’epoca era consentito parlare con i designatori”, francamente non mi risulta, poi può darsi che mi sbaglio ma la famosa “circolare 7”, regolamentava solamente la possibilità di poter entrare nello spogliatoio dell’arbitro per poterlo salutare, prima della gare e potergli donare alcuni souvenir della gara stessa come appunto le maglie delle squadre. Non c’è scritto da nessuna parte che il presidente di una società di calcio ed il designatore arbitrale potessero telefonarsi e confrontarsi sulle griglie arbitrali (vedi a riguardo capo q), dove Moggi e Bergamo in una telefonata si confrontarono appunto sulle griglie e su chi dovevano essere gli arbitri da inserire nelle griglie), oltretutto il mondo arbitrale, come sancito dall’art. 40 del regolamento A.I.A. oltre che dal 3° comma dello statuto del CONI, doveva comportarsi secondo i principi di terzietà e imparzialità. A riguardo bisogna porsi una domanda, che significa terzietà e imparzialità? Nella nostra costituzione, che altro non è che una serie di principi a cui si deve rifare il nostro ordinamento, “l’imparzialità” è citata all’art. 97 che, al primo comma, recita: “ I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. L’imparzialità e terzietà è inoltre citata anche all’art. 111, 2° comma, della nostra costituzione il quale recita al primo periodo “ Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”.  Essendo la costituzione solo una serie di principi essa va poi attuata con delle leggi. Le leggi che regolano la terzietà e imparzialità dei giudici sono le stesse e sono fatte con il copia e incolla sia nel Codice di Procedura Penale che nel Codice di Procedura Civile. Per comodità prenderemo solo gli articoli 36 e 37 del Codice di Procedura Penale che sono uguali nel Codice di Procedura Civile (art. 51 e 52). Le parti messe fra parentesi sono aggiunte da me per spiegare meglio.

ART. 36.
ASTENSIONE.

  1. Il giudice ha l’obbligo di astenersi:
  2. a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;
  3. b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge;
  4. c) se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie;
  5. d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;
  6. e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;
  7. f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;
  8. g) se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 34 e 35(rapporti di parentela o affinità con gli avvocati) e dalle leggi di ordinamento giudiziario;
  9. h) se esistono altre gravi ragioni di convenienza (per esempio amicizia fra il giudice e una parte).
  10. I motivi di astensione indicati nel comma 1 lettera b) seconda ipotesi e lettera e) o derivanti da incompatibilità per ragioni di coniugio o affinità, sussistono anche dopo l’annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
  11. La dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del tribunale, che decide con decreto senza formalità di procedura.
  12. Sulla dichiarazione di astensione del presidente del tribunale decide il presidente della corte di appello; su quella del presidente della corte di appello decide il presidente della corte di cassazione.

ART. 37.
RICUSAZIONE.

  1. Il giudice può essere ricusato dalle parti:
  2. a) nei casi previsti dall’articolo 36 comma 1 lettere a), b), c), d), e), f), g); (l’articolo che avete letto prima)
  3. b) se nell’esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione.
  4. Il giudice ricusato non può pronunciare né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione.

In poche parole, il giudice del tribunale non può essere amico, parente, affine ne tanto meno nemico o comunque avere altri rapporti con una delle parti o con i loro avvocati. Il giudice deve essere terzo, imparziale e super partes. Nel nostro ordinamento il giudice non può parlare o ricevere telefonate da una delle parti ne tantomeno uscirci insieme la sera e andarci a mangiare insieme. Questa è la terzietà e imparzialità, sia che si parli di un giudice, sia che si parli di un designatore arbitrale o di un arbitro. Andiamo quindi a capire ,o meglio a ripetere per i miei nuovi lettori che da quando scrivo sul mio blog e non più su Tifosi si Nasce sono aumentati esponenzialmente, che cos’è il reato di “Frode sportiva”. Tutti sappiamo perché lo abbiamo sentito dire 100.000 volte, che è un reato a consumazione anticipata ma che significa? Significa che va a colpire gli atti posti in essere che mettono in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma che in questo caso è il corretto e leale svolgimento della gara. Essendo un reato a consumazione anticipata non esiste la figura del tentativo, non esiste la tentata frode sportiva perché la consumazione del reato stesso avviene in un momento antecedente al tentativo stesso, avviene agli atti posti in essere che il giudice considera tali da mettere in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma. Quali sono stati gli atti che hanno messo in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma? Un esempio per tutti lo troviamo al capo f) Juventus Lazio dove si parla di un incontro a casa di Pairetto fra lui e Moggi. Il tutto è già reato perché Pairetto fa parte del mondo arbitrale e deve essere terzo e imparziale rispetto a Moggi e quindi non ci può mangiare insieme. Nel momento in cui si incontrano a casa di Pairetto pongono in essere atti diretti a  mettere in pericolo la terzietà e imparzialità degli arbitri di cui Pairetto è designatore e conseguentemente mettono in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma ossia il leale e corretto svolgimento della gara. L’incontro a casa di Pairetto viene infatti considerato, nella sentenza di primo grado, come un incontro che “va oltre la mera inopportunità” per quanto prenatalizio e a questo si aggiunge che nell’intercettazione telefonica numero 8781 del giorno seguente all’incontro, Moggi mostra già di sapere quali siano gli assistenti e quali siano le griglie e il tutto “è indicativo del fatto che a casa di Pairetto si sono comunque stabiliti griglie e assistenti”(pag. 139 sentenza Casoria). In questo senso va inteso il fatto che le griglie risultano alterate, lo sono per il semplice fatto che i due designatori ne discutevano tranquillamente con Moggi quasi come se quest’ultimo fosse un terzo designatore. Non si poteva e non si può fare. Alla stessa maniera si è espressa la Corte d’Appello. Aspettando di leggere le motivazioni della sentenza di Cassazione è doveroso a ripetere ciò che è scritto a pagina 103 della sentenza di appello:” la leggerezza ed apparente convivialità con cui avvenivano gli accordi per la designazione delle griglie fra personaggi come il Bergamo e il Moggi appare gravissima alla luce dell’evidente lesione del principio di terzietà che dovrebbe presiedere alla scelta di un direttore di gara che, in quanto tale, ricopre il ruolo di arbitro in ogni accezione (comparandolo sostanzialmente ad un giudice ordinario N.d.R.), ovvero secondo il principio di mantenere una equidistanza fra i contendenti che non deve mai venir meno”. Giusto? Sbagliato? Non spetta a me dirlo. A riguardo ci ha comunque pensato la Corte di Cassazione, leggeremo e commenteremo. Sicuramente sbagliato è ciò che scrive Guido Vaciago (sembra quasi che ce l’abbia con lui ma non è vero) in questo articolo  http://www.tuttosport.com/calcio/serie_a/juventus/2015/03/24-325940/Le+sei+%28fragili%29+frodi+su+cui+si+regge+ancora+Calciopoli dove per quanto riguarda il capo f) scrive: “L’accusa punta su un fuorigioco segnalato da Foschetti che annulla un gol regolare di Fava. Per la partita vengono condannati Moggi, Giraudo e Pairetto: ma come hanno fatto da soli?”  Le sentenze non puntano sui vari episodi arbitrali ma sulla lesione della terzietà e imparzialità del mondo arbitrale. È in questa maniera che si è estrinsecato il reato di “Frode sportiva” e non sui singoli episodi arbitrali che, oltretutto, per quanto riguarda specificatamente il capo f) Juventus Lazio, si legge nella sentenza di primo grado in rito ordinario a pagina 139 che “nel dibattimento il teste Auricchio Attilio ha riferito di non  aver fatto accertamenti specifici sul sorteggio, e di non ricordare episodi particolari della partita”. Significativo a riguardo è ciò che si legge a pagina 150 della sentenza d’appello:” l’arbitro assume, nel rispetto generico delle regole di gioco,decisioni in se di ampia discrezionalità nel cui ambito appare arduo entrare al fine di valutare quanto la sua direzione possa essere stata oggetto di concordata simulazione o dissimulazione. Pertanto, questa corte, nella valutazione del coinvolgimento degli arbitri e assistenti nelle singole condotte di frode sportiva penale, vaglierà nel proprio giudizio come sopra già indicato, non la sola mera conduzione della gara come oggetto di imputazione ma anche gli elementi probatori concreti sia a monte della gara stessa e sia quelli emergenti da ulteriori esiti dibattimentali, i quali in uno con la rilevanza della gara e con indizi concreti della lesione della imparzialità attribuitagli per legge, supporteranno o meno il giudizio di colpevolezza”.   In altre parole l’arbitro, come anche i designatori arbitrali, sono (o meglio, sarebbero dovuti essere) terzi e imparziali e non avrebbero dovuto avere rapporti con le parti, ossia con i vertici delle squadre di calcio, perché questi rapporti andavano comunque a ledere la loro imparzialità e quindi a porre in pericolo il bene protetto dalla legge sulla frode sportiva ossia il corretto e leale svolgimento della gara. Le sentenze di primo e secondo grado sono andate quindi a punire le lesioni di terzietà e imparzialità degli arbitri e del mondo arbitrale che avvenivano tramite contatti telefonici in chiaro (i contatti con le schede svizzere da soli non condannano nessuno infatti, i capi di imputazione in cui l’accusa ha portato come prove solo i contatti con le schede svizzere fra Moggi e gli arbitri si sono alla fine risolti in assoluzioni perché non si può condannare nessuno senza sapere neanche quello che si sono detti) oltre che incontri, cene e così via perché questi incontri, questo continuo sentirsi fra persone (Moggi – Giraudo e Bergamo – Pairetto) che non dovevano avere questa abitualità a frequentarsi per i ruoli che ricoprivano andava a mettere in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma a prescindere poi dall’effettivo arbitraggio e della sua buona o mala fede che è materialmente impossibile da valutare a meno che non si vada ad aprire la testa dell’arbitro e si guardi dentro per rendersi conto di cosa abbia pensato nel momento in cui abbia preso una determinata decisione arbitrale, cosa materialmente impossibile. Essendo materialmente impossibile andare a vedere cosa hanno pensato gli arbitri nelle varie decisioni che hanno preso è anche materialmente impossibile stabilire, al di la di ogni ragionevole dubbio, che le partite siano state alterate ma, come si legge a pagina 151 della sentenza d’appello, ”il contributo che l’arbitro e / o l’assistente non imparziale conferisce al perfezionarsi del reato di frode sportiva penale in contestazione consiste nell’essere a disposizione delle mire illecite di altri e quindi nel prestarsi ad arbitrare in modo difforme dal principio di imparzialità, ledendo in radice il bene della regolarità e / o genuinità della gara, la cui tutela è per legge a lui affidata”. In altre parole ha poca importanza se poi l’arbitro abbia o no arbitrato regolarmente, ciò che ha importanza è che sia stata lesa la sua imparzialità e di ciò l’arbitro ne sia stato accondiscendente. Vorrei ricordare che sino ad oggi, aspettando le motivazioni della sentenza di Cassazione che hanno comunque assolto Dattilo e Bertini, lo schema che ha portato alle condanne anche degli arbitri nei singoli capi di imputazione è sempre stato più o meno lo stesso, ossia: incontri e telefonate fra Moggi e i designatori arbitrali in prossimità della partita di cui al capo di imputazione in cui di tutto si parlava fuorché di filosofia orientale, contatti con le schede svizzere fra Moggi e gli arbitri e strenua difesa, dopo la partita stessa, dell’arbitro da parte di Moggi al “Processo di Biscardi”. Che poi sostanzialmente, alla fine di questo lungo ed estenuante iter processuale gli arbitri condannati siano stati soltanto due, ossia Racalbuto che si è avvalso comunque della prescrizione che è intervenuta già in secondo grado,  De Santis che ha rinunciato alla prescrizione e a questi bisogna aggiungere anche il guardalinee Puglisi pur tenendo presente che anche lui si è avvalso della prescrizione intervenuta in secondo grado, è cosa a me nota. Affronteremo nei prossimi articoli il significato e gli effetti in sede civile delle varie prescrizioni. Assolutamente inutile è, ad ogni modo, venirmi a raccontare che era consuetudine parlare con i designatori e discutere con loro di griglie arbitrali e che tutti lo facevano. A riguardo torna alla mia mente l’esame di diritto Costituzionale, in particolare il manuale di Diritto Costituzionale di Temistocle Martines 2005  Giuffré editore dove, a proposito della consuetudine, si dice che essa serve per completare la legge dove essa non dispone o dove essa esplicitamente demanda ma non può mai andare contro legge stessa. Una consuetudine che permetta al presidente o comunque a un tesserato di una società di discutere con il designatore arbitrale per quanto riguarda le griglie sarebbe comunque contraria alla legge(a noi giuristi piace usare l’espressione latina “contra legem” ) sulla frode sportiva perché comunque ricadrebbe  “negli altri atti fraudolenti”  che l’art. 1 della legge 401/89 genericamente (norma di chiusura) considera come tali da mettere in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice e quindi, in quanto tale, nulla ed il giudice penale non ne potrebbe tener conto. Per fare un esempio di come la consuetudine non possa mai andare contro legge è sufficiente ricordare quando la Juventus, dopo la vincita del suo 30° scudetto “sul campo” voleva apporre sulla propria maglia la terza stella e la cosa gli fu impedita. Perché gli fu impedita? Perché le stelle sulla maglia, una per ogni 10 scudetti vinti, sono una consuetudine che non può andare, ovviamente, contro legge. Essendo principio di ogni ordinamento giuridico, compreso quello sportivo, il fatto che le sentenze si rispettino e avendo una sentenza revocato due scudetti alla Juve, questa non poteva fregiarsi di 3 stelle sulla maglia dato che, grazie ad una sentenza, la Federazione gli riconosceva solo 28 scudetti. Una consuetudine, quale appunto quella delle stelle sulla maglia, che non riconosca le sentenze, sarebbe stata una consuetudine contro legge e quindi non valida. Il discorso non cambia se invece fosse stato un regolamento a stabilire che era possibile discutere con i designatori di griglie arbitrali. A riguardo soccorre l’art. 4, 1° comma, delle preleggi (sono delle disposizioni sulla legge in generale e le trovate all’inizio del Codice Civile) il quale ci dice che:”  I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi”. Un regolamento che quindi ci avesse detto che fosse possibile discutere con i designatori arbitrali di griglie arbitrali e di arbitri da mettere e non mettere nelle griglie sarebbe comunque contrario alla legge sulla frode sportiva e quindi, in quanto tale, nullo e di conseguenza non rilevante per un giudice penale. Si legge infatti a pag. 146 della sentenza d’appello Moggi che egli  ha posto in essere delle turbative “incidenti sulla correttezza e lealtà nella applicazione delle regole sportive, oltrepassando cioè quei limiti di contatto che pur possono esserci in ambiti sportivi ma mai mettendo in pericolo l’autonomia e garanzia di indipendenza di giudizio di organi come la figura arbitrale e conseguentemente di chi ha l’onore e l’onere di designarli”. Poco conta quindi che ci potessero essere regolamenti o consuetudini che permettevano o che comunque non proibivano espressamente di discutere con i designatori arbitrali di griglie perché il tutto sarebbe stato comunque contrario al principio di terzietà e imparzialità a cui il mondo arbitrale avrebbe dovuto sottostare nei confronti dei tesserati appartenenti alle varie squadre di calcio e, oltretutto, non mi risulta che il presidente del Bari, del Siena o della Sampdoria giusto per fare tre nomi di squadre a caso, abbiano mai discusso con i designatori di griglie arbitrali quindi affermare che “tutti lo facevano” è già di per se un falso. Calciopoli, in altre parole, si è ridotto a questo, ad una continua intromissione da parte di Moggi e non solo, in ambiti federali in cui lui non poteva e non doveva operare. Sarebbe stato come se io, per fare un esempio pratico, avessi chiamato o avessi avuto rapporti con il rettore della facoltà dove mi sono laureato e magari avessi insieme a lui deciso o comunque discusso riguardo ai membri della commissione che avrebbero dovuto presenziare alla mia seduta di laurea, non si può fare e poco conta che magari i professori che mi sono scelto abbiano o no agito in maniera imparziale. Tornando al capo f) infatti, si legge a pagina 123 della sentenza di primo grado che “dal contenuto conversazioni telefoniche si ricava che all’epoca i designatori fecero accedere Dondarini al sorteggio per quella griglia inserendo nella relativa valutazione il gradimento di non legittimato a manifestarlo, Moggi, circostanza, questa, che, comunque, nella visione del tribunale, sembra possa ricadere nella previsione della norma penale […] Non importa, dunque che al dibattimento è emerso, con specifico riferimento a questa partita, che in nessun errore ebbe ad incorrere Dondarini, a danno di questi o quello, se il contenuto delle intercettazioni telefoniche consente di affermare che su quel campo Dondarini avrebbe anche potuto non esserci”. È in questo senso che va intesa la frase, nelle motivazioni di primo grado,  “al limite di sussistenza del reato di tentativo”   che non è una arrampicata sugli specchi come ha commentato Carmen Vanetti che insieme a Massimo Sottosanti scrive sul blog “Juventus storia di un  grande amore” ma semplicemente la constatazione del fatto che non ci sono stati passaggi di danaro, la prima associazione per delinquere senza scopo di lucro della storia, gli arbitri cosiddetti solidali (ne sono rimasti due e di questi solo uno condannato in via definitiva) non fanno alcun genere di avanzo di carriera e, soprattutto, non c’è prova effettiva (un discorso a parte andrebbe fatto per Lecce Parma ma aspettiamo la motivazione della sentenza di Cassazione) di una effettiva alterazione di una sola partita ma solamente contatti e rapporti fra Moggi e Giraudo e i designatori arbitrali e fra Moggi e gli arbitri tramite le schede svizzere che non ci dovevano essere perché comunque lesivi della terzietà e imparzialità del mondo arbitrale. Premettendo o meglio ricordando che i contatti telefonici con le svizzere da soli non hanno condannato nessuno ma solo se uniti a contatti telefonici in chiaro oltre che a cene e riunioni con i designatori arbitrali dove, secondo le varie sentenze che sino ad oggi ci sono state su calciopoli, si è discusso e non si doveva discutere di griglie arbitrali alterandone la genuinità delle stesse che dovevano essere il frutto della decisione solo dei designatori, della lesione della terzietà e imparzialità del mondo arbitrale se ne trova ampia traccia nella deposizione di Babini del 13/11/2009 il quale ha affermato che, oltre ad aver avuto rapporti di amicizia con Meani a mio modesto parere comunque deprecabili, di non aver potuto arbitrare la Juventus come guardalinee, di aver chiesto a Mazzei di poterlo fare e di aver ricevuto come risposta dallo stesso che doveva chiedere il permesso a Pairetto per poterla arbitrare ma che, soprattutto, come si legge a pagina 156 della sentenza di appello rito ordinario, vi erano arbitri che rientravano nella attenzione dei designatori perché più vicini alla Juventus e fra questi Babini non c’era. Altri punti interessanti della deposizione di Babini riguardano il fatto che Pairetto era spesso presente, insieme alla sua famiglia, in tribuna d’onore durante le partite Champions disputate in casa dalla Juve ma che altri arbitri e guardalinee avevano rapporti “stretti” con la Juve e il Milan. Tutto ciò si può tranquillamente definire come un comportamento deprecabile che andava a ledere i principi di terzietà e imparzialità del mondo arbitrale e che infatti il giudice Casoria nelle sue motivazioni qualifica come “ai limiti del reato”. Ma che significa “ai limiti del reato”? Per capirlo bisogna immaginare il reato come un cerchio e il comportamento posto in essere dal colpevole come un punto. Questo punto può stare in qualunque parte del cerchio, ci può stare al centro come anche in prossimità della linea che lo delimita come anche sulla linea stessa, in tal caso ci troviamo ai limiti del reato ma comunque all’interno del reato. Era un comportamento illecito lesivo della terzietà e imparzialità del mondo arbitrale che in sede sportiva è stato considerato tale comunque da dare un illecito vantaggio in classifica della Juve. È interessante a riguardo leggere la sentenza di primo grado del TAR a cui Moggi ha fatto ricorso dopo, come prevede la legge 280/2003, aver esperito tutti i gradi di giustizia sportiva. Si legge a pagina 30: “Risulta infatti palese, da una corretta lettura dell’art. 6, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, che ciò che si è inteso qualificare come “illecito sportivo” e severamente sanzionare non è soltanto l’avvenuta alterazione, con mezzi fraudolenti, del risultato di una determinata partita ma, a monte e innanzitutto, la creazione di una struttura sapientemente articolata e fondata su interessati rapporti con i centri decisionali della Federazione e della classe arbitrale, la cui funzione non è certamente quella di assicurare ad una determinata società, all’interno del “sistema calcio”, un’immagine di strapotere sul piano organizzativo e funzionale, ma di ingenerare a suo favore una situazione di sudditanza psicologica da parte sia degli arbitri, condizionandone l’operato a mezzo dello strumento delle designazioni affidate a persone facenti parte della struttura sopra citata, che delle altre società, boicottandole non solo sul piano strettamente competitivo ma anche su quello del mercato delle acquisizioni, e al tempo stesso di assicurare alla società protetta la consapevolezza che in caso di bisogno non mancheranno tempestivi interventi idonei a fronteggiare, con idonee misure, eventuali situazioni di pericolo. Situazione questa agevolmente realizzabile con il concorso di un arbitro compiacente e disponibile a non vedere all’occorrenza falli compiuti sul campo da giocatori della società protetta e a intervenire con severità su quelli, esistenti o no, imputati ai giocatori della squadra avversaria.
In sostanza ciò che appare decisivo, dal punto di vista strutturale, è la circostanza che l’illecito sportivo di cui all’art. 6, I e II comma, del C.G.S. si configura come illecito di pericolo, o, meglio, a consumazione anticipata, concretandosi nel compimento, con qualsiasi mezzo, di atti funzionalmente preordinati ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare un vantaggio che poi si rifletterà nella classifica.
Non rileva, quindi, al limite, che l’arbitraggio sia stato effettivamente  parziale, ma piuttosto l’idoneità degli atti compiuti a conseguire il risultato lesivo, ovvero la messa in pericolo del bene protetto”.

Cosa possiamo dedurre dalla lettura di tutto ciò congiuntamente a ciò che ho già scritto su questo articolo riguardo alla frode sportiva e all’illecito di cui all’art. 6 CGS? Che essendo entrambe le norme strutturate con la forma della consumazione anticipata, andare a vedere se l’illecito si è effettivamente consumato oppure no è irrilevante, al più lo potrà essere in sede civile nel momento in cui si quantificherà il danno a seguito del reato posto in essere da Moggi e consoci di cui parleremo in altri articoli. Sarei tentato da chiudere qui il discorso sulla frode sportiva e sui reati a consumazione anticipata ma qualcosa mi dice che qualche duro di comprendonio possa comunque continuare a far finta di non capire. Farò un altro esempio di reato a consumazione anticipata premettendo che il nostro codice è pieno di reati di questo genere. Prenderò l’esempio scolastico del 423 del codice penale. Vi invito ovviamente a fare attenzione al secondo comma che è appositamente scritto in maiuscolo.

ART. 423.
INCENDIO.

Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni.
LA DISPOSIZIONE PRECEDENTE SI APPLICA ANCHE NEL CASO D’INCENDIO DELLA COSA PROPRIA, SE DAL FATTO DERIVA PERICOLO PER L’INCOLUMITÀ PUBBLICA.

Il secondo comma, quello scritto in maiuscolo, è appunto un reato a consumazione anticipata, per cui se Pinco Palla da fuoco alla propria autovettura nel centro del paese, compie un atto tale da “mettere in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma” ossia l’incolumità pubblica e il tutto va a prescindere dal fatto che poi si siano verificati o meno danni a cose o a persone. Diverso è ovviamente il discorso se Pinco Palla da fuoco al proprio cerino nel centro del paese per accendersi una sigaretta. In altre parole l’atto deve essere tale da mettere oggettivamente in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma stessa. Su quali basi si stabilisce se l’atto è tale da mettere in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma? Qual è il metro di giudizio? La comune esperienza o meglio, come è scritto nella sentenza di primo grado, “id quod plerumque accidit”, ciò che generalmente avviene, diciamolo in italiano così ci capiscono tutti. Tornando alle sentenze penali di calciopoli, se Moggi ha rapporti con Bergamo e cerca di inserire nelle griglie determinati arbitri è perché questi arbitri, secondo la comune esperienza, “per qualche motivo”, gli piacciono di più. Se Moggi prima della partita ha contatti telefonici con l’arbitro usando le schede svizzere è perché, secondo la comune esperienza, di certo non vuol parlare con lui di filosofia orientale e se, poi, Moggi difende l’arbitro in tutte le maniere al “Processo di Biscardi”, è perché, secondo la comune esperienza, l’arbitraggio gli deve essere piaciuto molto. Il tutto va a prescindere dal fatto che il danno si sia verificato oppure no, se la partita sia stata alterata oppure no, se il risultato sarebbe stato uguale o diverso se Moggi avesse o no posto in essere tali condotte. Se io con altri 10 amici metto su una squadra di calcio e organizzo una partita contro i giocatori della Juve, possiamo doparci, possiamo drogare con sonniferi i nostri avversari, possiamo corrompere l’arbitro, lo stesso perdiamo ma ciò non significa che non abbiamo commesso atti ricadenti nel reato di frode sportiva. In tutto ciò non c’è niente di cui scandalizzarsi, il nostro codice penale è pieno di reati a consumazione anticipata, la stessa “struttura sapientemente articolata” di cui si parla nella sentenza del TAR, e che nel codice penale trova la sua norma incriminatrice nel 416 C.p., è un reato a consumazione anticipata che ha come bene giuridico protetto “l’ordine pubblico”. Prima ancora di incominciare ad affrontare il discorso della “struttura sapientemente articolata”, l’associazione per delinquere usando termini penalistici, che sarà argomento dei miei prossimi articoli, vorrei un attimo invece porre l’accento sul punto fatto notare nei commenti di Massimo Sottosanti riguardo la Juve che nel processo sportivo “ha rinunciato a difendersi” che è argomento di molti blogger juventini. Vorrei a riguardo partire da un altro “argomento” a favore della Juventus che spesso leggo nei vari blog juventini che seguo, ossia che  invece nel processo penale la Juve è stata assolta. Cominciamo col porci un dubbio, la Juve nel processo penale è stata assolta? La risposta è no perché la Juve stava nel processo penale come “responsabile civile” e non come imputata. Chi è il responsabile civile?  È colui che di sua spontanea volontà perché magari l’autore del reato è il figlio oppure perché nominato dalle parti civili è obbligato a risarcire le parti civili nel caso in cui l’imputato risulti colpevole. La Juventus non è stata quindi assolta ma è stata considerata non responsabile dei reati ascritti a Moggi che ha agito per suo esclusivo interesse. Se la Juve fosse stata invece considerata responsabile avrebbe dovuto risarcire, in solidale con Moggi e consoci, le parti civili. Che significa essere obbligati in solidale? Farò un esempio pratico in maniera tale che tutti ci capiamo: Tizio e Caio entrano in un bar, si siedono al tavolino e ordinano due caffè, dopodiché chiedono il conto, arriva il cameriere e gli porta il conto, in quel momento Tizio e Caio sono OBBLIGATI IN SOLIDALE nei confronti del bar, quello che ha più soldi paga e poi eventualmente si rivale sull’altro. La Juve non è stata considerata responsabile dei reati ascritti a Moggi per buona pace delle parti civili che ovviamente, è logico supporre, adivano al capitale della Juventus decisamente più consistente di quello di Moggi e Giraudo e quindi in sede civile, dove si quantificherà il danno a seguito dei reati di cui Moggi e consoci sono risultati colpevoli come quando con chi e perché ne parleremo in altre circostanze, non dovrà risarcire nessuno. Però adesso noi facciamo un gioco, facciamo finta, per assurdo, che la Juventus si trovava in sede penale come imputata. Innanzitutto domandiamoci: può una società essere imputata in sede penale? La risposta è si. Con il decreto legislativo 231/01 che va sotto il nome di “Introduzione delle responsabilità degli enti e persone giuridiche per i reati commessi nel loro interesse” che ha proprio negli istituti della responsabilità diretta ed oggettiva del diritto sportivo il suo predecessore e da cui trae ispirazione, si è posto fine al lunghissimo dibattito sulla possibilità di punire penalmente dei soggetti che non hanno umana fisicità a prescindere dalla persona fisica che ha posto in atto il reato in suo nome. Va innanzitutto detto che in questa legge si parla di enti e va subito chiarito che le società per azioni sono, dal punto di vista giuridico,  degli enti dotati di personalità giuridica ossia capaci di stare in un processo sia penale che civile per il tramite di un proprio avvocato. Le società possono essere presenti in un processo sia come soggetti attivi (attori nei processi civili) che come soggetti passivi (convenuti nei processi civili e imputati nei processi penali). Con il suddetto decreto si è reso possibile irrogare sanzioni pecuniarie e amministrative a carico degli enti. Per quanto riguarda le sanzioni di carattere pecuniario, in questa legge vengono ancora quantificate in lire ma a fare eventualmente il passaggio in euro non ci vuole molto. La legge 231/2001 prevede la possibilità quindi, che una società possa essere imputata direttamente e in tal caso la possibilità che possa subire delle condanne per determinati reati. Non vi preoccupate, la frode sportiva non è fra i reati per cui è contemplata l’applicazione di questa legge infatti, ripeto, la Juve si trovava nel processo penale calciopoli in qualità di responsabile civile e non di imputata. Questa legge si applica ad esempio per i reati inerenti alla sicurezza sul lavoro, è stato ad esempio il caso della  ThyssenKrupp che infatti nel processo penale riguardante il rogo in cui persero la vita sette operai negli stabilimenti di Torino nella notte fra il 5 e il 6 dicembre si trovava in qualità di imputata e ha subito delle sanzioni di carattere amministrativo e pecuniario. Tutto ciò a noi non interessa. Noi facciamo finta, per assurdo, che anche per la frode sportiva si applichi questa legge. Andiamo a leggere l’articolo 5 prestando particolare attenzione soprattutto a quello che è scritto in maiuscolo
Art. 5.
Responsabilità dell’ente

  1. L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
  2. a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
  3. b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
  4. L’ENTE NON RISPONDE SE LE PERSONE INDICATE NEL COMMA 1 HANNO AGITO NELL’INTERESSE ESCLUSIVO PROPRIO O DI TERZI.

Dopo aver notato che questo articolo regola al capo a) quella che nel diritto sportivo si chiama responsabilità diretta e al capo b) quella che nel diritto sportivo si chiama responsabilità oggettiva andiamo a leggere le prime quattro righe dell’art. 6 di questa legge e tralasciamo il resto che è particolarmente lungo e complesso e ve lo risparmio volentieri anche perché a noi non interessa, poi se volete (per i più curiosi) ve lo potete andare a leggere. La legge 231/2001 si trova facilmente su internet. Vi chiedo come sempre di prestare particolare attenzione a quello che è scritto in maiuscolo:

Art. 6.
Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell’ente

  1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente non risponde se prova che:
  2. a) L’ORGANO DIRIGENTE HA ADOTTATO ED EFFICACEMENTE ATTUATO, PRIMA DELLA COMMISSIONE DEL FATTO, MODELLI DI ORGANIZZAZIONE E DI GESTIONE IDONEI A PREVENIRE REATI DELLA SPECIE DI QUELLO VERIFICATOSI;

Andiamo adesso a leggere l’articolo 12 della legge 231/2001

Art. 12.
Casi di riduzione della sanzione pecuniaria

  1. La sanzione pecuniaria è ridotta della metà e non può comunque essere superiore a lire duecento milioni se:
  2. a) L’AUTORE DEL REATO HA COMMESSO IL FATTO NEL PREVALENTE INTERESSE PROPRIO o di terzi e l’ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;
  3. b) il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità;
  4. La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:
  5. a) L’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
  6. B) È STATO ADOTTATO E RESO OPERATIVO UN MODELLO ORGANIZZATIVO IDONEO A PREVENIRE REATI DELLA SPECIE DI QUELLO VERIFICATOSI.
  7. Nel caso in cui concorrono entrambe le condizioni previste dalle lettere del precedente comma, la sanzione è ridotta dalla metà ai due terzi.
  8. In ogni caso, la sanzione pecuniaria non può essere inferiore a lire venti milioni.

Non troviamo delle analogie fra la condotta difensiva suggerita da questa legge per evitare che la società (ente) possa incorrere in gravi sanzioni di carattere amministrativo e pecuniario e il comportamento che ha assunto la Juventus? Riflettiamoci un attimo, che ha fatto la società Juventus?
1) Non si è dotata certo di un nuovo modello organizzativo perché non credo che ne abbia uno e non credo assolutamente che le società calcistiche siano tenute ad averlo ma si è dotata comunque di un nuovo codice etico che tutte le società comunque hanno. Il tutto è scritto nel ricorso al TAR poi ritirato a pagina 2 dove si legge testualmente:”La società ha ritenuto di rimarcare immediatamente la propria estraneità a qualunque ipotesi di illecito sportivo, rinnovando rapidamente i propri vertici e dotandosi di un “Codice etico” e di nuove regole per il controllo interno, conformi al Codice di autoregolamentazione delle Società quotate”.
2) Che ha detto l’avvocato Vitiello nella sua arringa difensiva? Che non c’è da nessuna parte, all’interno della Società Juventus, un ufficio preposto ai rapporti con il mondo arbitrale e che Moggi ha agito nel suo esclusivo interesse di fatto scaricandolo con le sue responsabilità.

Qual è la conclusione a cui possiamo giungere? Che la Società Juventus ha applicato per analogia la stessa condotta difensiva suggerita dalla legge 231/2001 in caso di imputazione diretta dell’ente (o società come preferite). A questo punto il dubbio sorge spontaneo: una Società che intende dimostrare che l’autore ha agito nel suo esclusivo interesse, che non ha colpe, che all’indomani dello scoppio dello scandalo si dota di un nuovo Codice etico, come potrebbe, in antitesi con questa strategia difensiva, difendere Moggi e il suo operato di fronte alla giustizia sportiva prima ancora che si apra il processo penale dove invece intende dimostrare che Moggi ha agito per il suo esclusivo interesse? Cosa in fin dei conti aveva più a cuore in quel momento la Società Juventus? Rimanere in Serie A oppure evitare di essere condannata in sede penale a risarcire le parti civili? Quanto hanno chiesto le parti civili nel processo penale? 135 milioni di euro se non ricordo male, fatevi due conti e giungete voi alle conclusioni. A mio parere lamentarsi del fatto che la Juve con l’avvocato Zaccone abbia rinunciato in sede sportiva a difendersi e poi vantarsi del fatto che la Juve in sede penale sia stata assolta (ricordiamoci che non è vero, la Juve in sede penale è stata considerata non responsabile dei reati ascritti a Moggi che è diverso) è un controsenso perché le due cose sono correlate. La Juventus è stata considerata non responsabile civilmente in sede penale perché ha avviato una politica difensiva che è partita proprio con una condotta tutt’altro che belligerante nel processo sportivo. Sinceramente trovo a dir poco assolutamente ingiusto il criticare, da parte di blogger che probabilmente non hanno mai avuto un codice in mano, la linea difensiva condotta da due Signori Avvocati quali sono Zaccone e Vitiello che sui codici e sui manuali di diritto ci hanno fatto i calli e che hanno una esperienza nel loro settore a dir poco invidiabile. Vorrei chiudere questo articolo che aveva come scopo quello di incominciare a parlare della associazione per delinquere a cui rinvio invece ad altri articoli che verranno, con alcune considerazioni sul “grande imbroglio”. Premettendo che lo so benissimo che la difesa ha portato le intercettazioni nascoste e che sono a conoscenza della “Relazione Palazzi”, questa “Relazione” la considero un aborto giuridico. I processi si fanno ai vivi e non ai morti, l’ultimo processo ad un defunto che fu appositamente riesumato e messo sul banco degli imputati si è avuto nell’anno di grazia 897 quando sul banco degli imputati, in avanzato stato di decomposizione, si trovò Papa Formoso, dopodiché, ringraziando il cielo, non si sono più verificati episodi di questo genere a parte la suddetta relazione. A riguardo credo che le parole più appropriate le abbia dette il PM Ramondini riportate da un articolo del Messaggero (http://sport.ilmessaggero.it/calcio/news/calciopoli-moggi-facchetti/1268648.shtml?fb_action_ids=851966818183338&fb_action_types=og.likes&fb_source=feed_opengraph&action_object_map=%7B%22851966818183338%22%3A911150535601725%7D&action_type_map=%7B%22851966818183338%22%3A%22og.likes%22%7D&action_ref_map=%5B%5D) che nel processo per diffamazione contro Moggi ha affermato che Moggi ha condotto negli anni una “strategia difensiva”, anche mediatica, per coinvolgere Facchetti “nel così fan tutti: tutti colpevoli, nessun colpevole”, cercando di “mettere nel calderone” il presidente nerazzurro con un “tono di sufficienza e provocatorio”. Premettendo che bisognerebbe chiedere ad Auricchio per quale motivo non interessavano le telefonate di Facchetti ma mi risulta che lui la risposta l’abbia già data, aggiungo solo alcune mie considerazioni: i capi di imputazione (e non i reati) per Facchetti in Calciopoli sarebbero stati due, Inter Juve in cui lui chiede che sia inserito nella griglia Collina (ma nella realtà dei fatti è Bergamo che gli telefona e gli chiede: “Collina?”) e poi in questa griglia tutti ci sono tranne che l’arbitro Collina e poi la famosa telefonata del 4-4-4 e della “battuta infelice” fatta da Facchetti e di cui è lo stesso arbitro Bertini a riferirne al telefono a Bergamo, segno chiaro che non ci sia stato nessun accordo collusivo fra Bergamo e Bertini per favorire l’Inter. Riguardo alla partita Inter Juve, al massimo ci sarebbe l’imputazione per frode sportiva per Bergamo che, su pressione di Carraro che non vuole casini all’indomani delle elezioni in lega, telefona a Rodomonti e gli dice di pensare, nel dubbio, a quelli che stanno dietro ma questo capo di imputazione che al massimo avrebbe visto Bergamo e Rodomonti come imputati non c’è mai stato nel processo penale e quindi emettere sentenze e dire frasi del genere “calciopoli è la Relazione Palazzi” come ho letto (preferisco non dire chi le ha scritte) è a dir poco sbagliato. La Relazione Palazzi è, a mio parere, una parte minima della storia di Calciopoli. Ci sarebbe in ultimo, nella Relazione Palazzi anche la storia dell’imprecisato regalino ma a riguardo vorrei far notare che proprio nel capo f) c’è una telefonata, la numero 5542 del 2/12/04, fra Moggi e la moglie in cui la moglie gli chiede se è il caso di portare dei panettoni e Moggi gli risponde:” Gli diamo altra roba non ti preoccupare …. Loro più che panettoni … loro …” e questa telefonata non è stata prova di dazione di danaro o di altra utilità ma semplicemente prova dell’incontro “prima della partita inopportuno per quanto prenatalizio” (sentenza Casoria pagina 139). Non è stata prova di dazione di danaro o di altra utilità perché mancano altri ulteriori riscontri. Un processo basato solo su intercettazioni si può fare tranquillamente, calciopoli ne è un esempio, ma gli indizi emergenti dalle intercettazioni devono essere per giurisprudenza costante, gravi, precisi e concordanti e, aggiungo, tanti. Sia nel caso di Moggi che nel caso di Facchetti mancano ulteriori riscontri quali potrebbero essere intercettazioni in cui si parla precisamente del regalino e intercettazioni in cui, magari, qualcuno ringrazia l’altro per il presente e quindi, sia in un caso che nell’altro, mancano sufficienti indizi probatori. In calciopoli, come ho già detto all’inizio di questo articolo, non ci sono dazioni di danaro e una sola telefonata in cui Moggi dice:” Loro più che panettoni … loro” non fa cambiare la mia ipotesi. Emettere sentenze senza che ci sia stato a riguardo un dibattimento in sede processuale, come molti blogger di fede juventina fanno nei confronti di Facchetti, può essere a dir poco fuorviante. Chiudo questo articolo conscio del fatto che i miei seguaci storici, coloro che mi seguono da quando scrivevo per Tifosi si nasce, hanno già letto queste cose perché le ho già scritte altre volte e scusandomi con loro ma, dato che i miei lettori da quando scrivo sul mio blog sono incredibilmente aumentati in maniera esponenziale, ho ritenuto necessario ribadire determinati concetti e ho preso per ribadirli il capo f) sostanzialmente per due motivi:
1) perché per conseguenza logica, dato che nei miei precedenti articoli ho trattato i capi b), c) d) (trattati quando scrivevo su Tifosi si nasce) ed e), era giunto il momento di parlare del capo f)
2) In questo capo di imputazione che ha portato alle condanne di Moggi Bergamo e Pairetto sia pur coperte da prescrizione a cui non hanno rinunciato (per Bergamo il processo sarebbe da rifare ma non succederà mai) non ci sono contatti con le schede svizzere e quindi, anche se un giorno si dovesse dimostrare che le schede svizzere non esistono, in un eventuale processo di revisione di Calciopoli questo capo con le relative condanne rimarrebbe intatto.
Rimando ad un altro articolo la trattazione del reato di associazione per delinquere dando un’ultima spiegazione a Massimo Sottosanti che mi ha dato del codardo perché non mi firmo. Il blog è mio e porta il mio nome e quindi ho sempre ritenuto superfluo firmarmi anche alla fine degli articoli ma non è un problema, d’ora in poi apporrò la mia firma anche alla fine dell’articolo, spero che tu lo legga e soprattutto ti informo già da ora che non risponderò ai tuoi commenti ne tanto meno ai commenti di Carmen Vanetti (a cui credo di aver dato sufficienti risposte al suo commento che per ragioni di opportunità preferisco non pubblicare) su twitter perché esso serve solo per divulgare maggiormente i miei articoli e non per commentarli. 122 caratteri sono troppo pochi per poter discutere di diritto penale e sportivo ma sufficienti solo per scrivere slogan e trincerare dietro il poco spazio a disposizione la non conoscenza dei reati a consumazione anticipata e più in generale di calciopoli. Li invito di conseguenza a commentare qui. Buona giornata.
Ruggiero Distaso

Piccola correzione: Quando Moggi mostra di sapere quali siano gli arbitri e gli assistenti in realtà il sorteggio era già avvenuto e lui ne era già a conoscenza. Ciò non toglie che, a parere dei giudici, nell’incontro prenatalizio si sia discusso di griglie alterandone quindi la loro genuinità.